giovedì 30 gennaio 2014

CHI BEN COMINCIA HA COMINCIATO

E' il mio ultimo giorno di lavoro al bar, o il penultimo; mentre lavoro con ancora meno voglia del solito di chiacchierare con clienti cinquantenni per lo più fatti di birra, mi imbatto in Eric.
Panzone, con le mani un po' tremolanti e la loquacità del prete di Zolino quando recitava l'omelia (durata minima mezz'ora), mi ordina un Cognac e un caffè espresso, "Fammelo buono, come quelli che facevi in Italia”, "A scemo, non posso fartelo come in Italia, perchè qui il caffè non lo sapete macinare, la macchina è sporca e la vostra acqua è così piena di calcare che mi stupisco che i miei reni non si siano trasformati in blocchi di arenaria", ovviamente sto zitta e glielo faccio con tutto il mio impegno, il risultato è il solito caffè, lasso e acquoso, "Grazie, buonissimo". 
Non so perchè il signor Eric un po' mi ricorda il mio papà, anche se mio papà avrebbe detto che quello non era caffè.
Allora non ci vedremo più, hai già un lavoro?” “No”.
Ed è così che è iniziato uno dei discorsi più difficili da sostenere della mia vita. Il buon Eric, non conoscendo i miei disagi quando si parla di futuro o di cose che si vorrebbero fare, o peggio ancora, di cose che avrei voluto fare, comincia con una serie di stimolanti domande a raffica, indaga e colpisce esattamente dove doveva colpire. “Cosa ti piace fare?” “Mi piace viaggiare e fare tante fotografie” “E credi di essere brava, di avere talento?”.
Buio. No, non credo, ma non glielo dico. Dice che dovrei provare a cercare qualcosa che mi piaccia sul serio, di osare, che ho vent'anni e vaffanculo, se non provo adesso quando. Ma io non ho veramente talento, e devo sopravvivere e adattarmi perché l'affitto si paga in euro e mica piovono dal cielo mentre giri il mondo con una Nikon in mano. 
Tuttavia, salutato il signor Eric, il quale mi fa un grande augurio, di quelli che ti caricano e ti fanno pensare che la vita è bella: “Occhio a non finire dalla padella alla brace”, detto in fiammingo suonava più come un “ashue kkrRRRif doich lsajhKK” (grazie caro, se anche mi stavi simpatico mi hai inquietata troppo, è meglio che la nostra storia finisca qui), ho cominciato a riflettere e proprio l'altro giorno ho pensato che c'è una cosa che so fare bene, che mi piace fare, questa cosa è parlare.
Ma mica posso fare l'oratrice nella vita, mica posso comprare da mangiare con le parole. Però posso  raccontare un po' quest'esperienza che sto facendo, con i suoi pro e i suoi contro. 
Così, mentre faccio merenda con una costoletta di maiale e germogli di soia (perchè partire è anche stravolgere i propri orari e il proprio ritmo biologico) e mi provo la febbre che non mi molla da ormai una settimana, comincio a spingere tasti a caso sul mio nuovo computer HP (che per me sta per Harry Potter perchè di tecnologia ne capisco più o meno quanto mia nonna che però è nata nel 1932, almeno credo, e quindi è giustificata). Unta per bene la tastiera e tirato fuori questo fiume di parole un po' senza senso, un po' con del senso, arrivo ad ora e dovrei concludere. 
Sono ancora senza un lavoro, posso fare ricerche solo su internet perché ahimè, ammalata e afona non posso andare in giro a portare i miei Curriculum accuratamente modificati in giro per la città MA,  grazie anche al signor Eric, dolcissimo, ho capito che bisogna rischiare e ho detto NO a un colloquio di lavoro in un bar, avanti il prossimo, con la speranza che la brace sia più comoda della padella. 
(Subito dopo ho pianto istericamente perchè "Non avrò mai soldi per arrivare a fine mese / se dico di no a tutti i lavori morirò di fame e dovrò mangiare le mie coinquiline / sono un'ingrata e sputo sopra ai soldi che nemmeno Bill Gates e via altre lacrime e isterismi e la febbre che sale, e sale, e sale e il pacco di gallette si avvicina, e la marmellata è li di fianco, e in frigo c'è del formaggio...)
Mica mi molla la paura per il futuro, no, quella mi resta attaccata a una spalla come un pappagallo un po' rompi coglioni, ogni tanto mi dice che è tardi, che dovrei tornare a casa, cercare un lavoro serio da fare tutta la vita, rinunciare a quest'esperienza perchè stare a casa è più comodo. Ogni tanto gli credo anche, probabilmente perché il pappagallo me l'hanno sempre dipinto come l'animale di merda per eccellenza, che cosa fa? Ripete la stessa cosa all'inifinto, dopo un po' te ne convinci, che ha ragione lui. 
Invece oggi no, oggi vedo la mia fortuna, sono qui, da sola, senza nessuno a cui pensare se non all'unica persona che si merita tutte le mie attenzioni, che poi sarei io (oh oh), che bello, con una marea di buoni propositi da mandare all'aria, un'altra già in rielaborazione e una cucina da pulire, e allora allez! E speriamo che io, la beniamina degli sfigatelli in sovrappeso che non sanno cucinare, con le lentiggini e i capelli alla Mirko dei Bee Hive, possa trovare un lavoro che mi compiaccia, mi piaccia, mi si addica e mi faccia diventare ricca. O almeno mi consenta di sopravvivere all'inverno, che qui a Bruxelles dura un sacco.